Kingdom of Amalur Re-Reckoning – Re-Recensione

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Genere: Action – GDR
Multiplayer: No
Lingua/e: Italiano (testi) Inglese (doppiaggio)

Il nostro fato è segnato

Scusate per l’allitterazione del titolo, ma il mio cervello non è riuscito a comunicarmi frasi più intelligenti del prendere in giro il nome dato a questo remaster/port.

Il nome Kingdom of Amalur porta con sé una storia molto interessante, che credo valga la pena raccontare. La leggenda del Baseball americano Curt Schilling decise dopo il suo ritiro di fondare uno studio di sviluppo portante il nome del suo numero di carriere: 38 Studios. Il piano era avvincente: creare un nuovo gigantesco MMO con una ampiezza e profondità di ambientazione tale da diventare un nuovo pilastro per l’intrattenimento videoludico. Forte di 75 milioni di dollari di investimento statale, si chiamarono in causa R.A. Salvatore alla storia, Todd McFarlane per la direzione artistica e Ken Rolston come capo progettazione.

Avevo intenzione di fare un personaggio diverso per questa run su Switch… ED INVECE NO

Nomi di un certo calibro. Il progetto però era di una mole tale da richiedere una sorta di “gioco prequel” all’MMO, che fosse in grado di introdurre tutta l’ambientazione. Ecco quindi che Kingdom of Amalur: Reckoning prese vita. Purtroppo, dopo il suo rilascio, 38 Studios chiuse per problemi finanziari e di tutto il progetto non se ne fece più nulla. La rediviva THQ Nordic riuscì a recuperare l’IP ed ecco che nel 2020 ci ritroviamo con la versione rimasterizzata del gioco, pronto ad ospitare una nuova espansione nel corso del 2021.

Per chi non ha vissuto il gioco nella sua finestra di lancio originale nella settima generazione di console, che tipo di gioco è Kingdom of Amalur? “Skirim Lite” è la definizione più concisa possibile. Ci troviamo di fronte ad un action-gdr in terza persona, con il protagonista creato dal giocatore. Esperienza da accumulare per salire di livello ed imparare numerose abilità pirotecniche. Quest da completare per ottenere loot. Ed un grande mondo da esplorare.

Andiamo con ordine.

Quando il futuro è veramente libero

Kingdom of Amalur è uno di quei giochi di ruolo che pone l’attenzione principalmente sul mondo e non tanto su personaggi e trama principale.

Mappa facilmente consultabile, con viaggio rapido e annotazioni varie

Visto che in teoria bisognava gestire un gioco MMO con un supporto a lungo termine, molta cura fu posta nella creazione di un mondo con una mitologia ricca, complessa e nell’andare a definire come tutti i meccanismi interagiscono tra di loro. Le avventure del protagonista sono un ultimo tassello inserito in un contesto di ampio respiro.

Il mondo di Amalur si trova coinvolto in una guerra sanguinosa. I malvagi Tuatha sono una razza di esseri immortali, che si reincarnano ad ogni morte, con l’obiettivo di sterminare ogni essere vivente nel mondo. Bene, quindi cosa fare se non unire le proprie forze e respingere questa invasione? Il destino è una forza potente in Amalur. Esso non può essere alterato in alcun modo. Esistono persone in grado di leggere il fato e tutte le letture avevano un singolo responso: i Tuatha avrebbero vinto.

In questo contesto si inserisce il giocatore. Sarete la prima persona ad essere libera dalle corde del fato, anzi, potrete usare come arma le forze del destino stesso. La vostra sola esistenza, il vostro semplice respiro, è in grado di portare l’intero mondo verso un nuovo futuro. In ogni gioco di ruolo il giocatore è la chiave di volta, colui che, predestinato o semplicemente per sue eccezionali capacità, è in grado di apportare un cambiamento significativo nel mondo di gioco.

Esatto, come facciamo a sopportare i pantaloni?

Ma poche sono le storie che interpretano questa “power fantasy” in modo così diretto e centrale. La storia vi farà sentire come l’essere più potente di Amalur e tutta la crescita seguirà a ruota. Allo stesso tempo la narrativa non è vista come l’attività principale e portante dell’esperienza. Qui forse conviene fare una digressione per spiegare come Ken Rolston, designer di Morrowind ed Oblivion, interpreta i quattro pilastri del design dei giochi di ruolo.

I quattro pilastri

I quattro pilastri sono Esplorazione, Combattimento, Avanzamento e Narrativa. Per Ken, l’Esplorazione e l’Avanzamento sono la “caramella”, lo zucchero. Sono l’elemento che spinge il giocatore a continuare. “Chissà cosa troverò dentro questa misteriosa caverna”, “uh che bello questo spadone infuocato!” e così via.

Il Combattimento viene tenuto in altissima considerazione da Ken. Questo rappresenta il godimento momento per momento dell’esperienza. Maggiore è il coinvolgimento attivo da parte del giocatore, migliore è la sua risposta al gioco. Di questo Nintendo è maestra, se non proprio nel “combattimento”, nell’interazione gioco-giocatore. I lavori precedenti di Ken erano deludenti da questo punto di vista e per Amalur fu riposta molta attenzione.

Sul lato Narrativo c’è un’attenzione su elementi che non sono nell’immaginario comune associati ad essa. Ken odia i dialoghi, vorrebbe eliminarli totalmente se fosse possibile, sono solo un elemento che va a staccare dall’esperienza attiva e istantanea di un videogioco. Specialmente in un mondo videoludico moderno, che richiede un doppiaggio associato, hanno anche un peso economico e limitano quanto i personaggi possano esprimersi nei confronti dei giocatori.

Il minigioco dello scassinamento alla Skyrim ce l’han dovuto mettere eh

Idealmente, i dialoghi diverrebbero di nuovo centrali se l’IA del gioco potesse effettivamente generarne di infiniti e sempre diversi in base agli input del giocatore. Chissà se in futuro avremo mai un gioco di ruolo gestito tutto da una IA dinamica. Io non sono dello stesso parere di Ken, in quanto è proprio grazie ai dialoghi se abbiamo avuto giochi in grado di rimanere impressi e parlare al nostro cuore e cervello come Planescape Torment e Disco Elysium.

Ecco quindi che due aspetti diventano il punto nevralgico della narrativa. Il primo è mostrare al giocatore elementi che rendono il mondo vivo e tangibile. Libri scritti all’interno del gioco, manufatti, registrazioni audio. Una sovraesposizione di Lore. Il secondo aspetto è invece definito come “lo scherzo“, l’elemento sorpresa. Il giocatore deve chiedersi: “chissà cosa accadrà?”. Nelle quest e nelle ricompense ci deve essere poca prevedibilità.

Avendo sviscerato la chiave di lettura di Ken Rolston, è possibile dire che Kingdom of Amalur segue proprio queste linee.

Le abilità sono tante, ma avrete solo 40 livelli di esperienza, quindi scegliete bene!

La sensazione di “voglio vivere ed esplorare questo mondo” è il vero drive narrativo. La storia principale vi porterà a vedere poco della mappa e starà al giocatore immergersi nelle tante quest secondarie, nel visitare ogni posto del mondo e nell’assorbire le tante storie che ha da raccontare. Le DLC originali incluse nel pacchetto inoltre metteranno di fronte il giocatore ambientazioni e situazioni davvero interessanti e di valore.

Le botte

E come visto poco sopra, molta attenzione fu posta al sistema di combattimento di Amalur. Ci troviamo di fronte ad una matrice action. Possiamo equipaggiare 2 armi, associate rispettivamente ai tasti Y ed X, con diverse combo ed attacchi caricati eseguibili, sbloccabili con l’avanzamento dell’esperienza. Altre 8 abilità magiche attive trovano posto in un menu dedicato, attivabile con i grilletti dorsali. Il combattimento è free form, senza possibilità di lock, con tasti adibiti alla schivata ed al parry. Un sistema funzionale e frenetico, ma prono alla confusione quando i nemici su schermo diventano molti.

La supermossa finale è in grado di aumentare l’esperienza in base a quanto forti siete nel premere il tasto a schermo!

Come si approccia il combattimento dipenderà molto dalla costruzione del personaggio. Il giocatore avrà a disposizione tre alberi di progressione: Forza, Destrezza e Magia. Non esistono classi predefinite, ma spendere punti in uno degli albero sbloccherà un destino associato, in grado di conferire bonus consistenti e che “interpretano” una sorta di classe.
Giocare puri maghi permetterà di tele trasportarsi sul campo di battaglia causando esplosioni di ghiaccio e potenzierà tutti gli incantesimi, mentre salire in egual misura nelle arti di guerra e nella magia sbloccherà un destino molto difensivo, in grado di rigenerare il proprio mana dai danni subiti.

Sarete liberi di sperimentare, grazie ad opzioni di reset all’interno del gioco. La differenza di build ed armi scelte è pregevole ed impreziosisce il viaggio nel mondo di Amalur. Alle abilità attive si aggiungono quelle passive, che renderanno il vostro personaggio un abile persuasore, un ladro furtivo o un esperto fabbro.

Non importa cosa deciderete di fare, Amalur si romperà alla vostra potenza. Re-Recknoning ha portato un nuovo livello di difficoltà ed un generale ribilanciamento, ma rimane un gioco facilmente abusabile e che porterà il giocatore su vette sempre più alte. La soddisfazione che se ne trae è tanta, triturare i nemici è sempre un piacere, ma per chi preferisce un senso di sfida, farebbe meglio a passare alla difficoltà massima. L’aggiustamento è di tipo matematico, niente cambi meccanici.

Tecnicamente però…

Quel che fa soffrire un po’ Kingdom of Amalur è l’età generale del progetto e la svogliatezza di questo remaster. Il gioco avrebbe beneficiato da numerosi miglioramenti quality of life. A titolo esemplificativo: aprirete costantemente l’inventario, ma la sua navigazione è tutto fuorché veloce ed immediata. Una sistemata non si poteva dare qui?

Oltre a questo, dal lato tecnico il gioco presenta sia incertezze che problemi di codice. Quando su schermo si inizia a fare un po’ di burdell con attacchi magici e con molti nemici, Switch inizia ad arrancare. In altre occasioni ho notato cali di framerate in punti totalmente privi di interazione e che sono dei grandi corridoi, per motivi sconosciuti. Mina il godimento del gioco nel suo totale? No. Rende alcuni combattimenti più frustranti del solito? Sì.

Essendo un gioco della settima generazione di console, l’open world è più un insieme di stanze e corridoi che una distesa a disposizione del giocatore ed entrare ed uscire dagli edifici incorre in una schermata di caricamento, della durata di diversi secondi. Anche durante l’esplorazione, ci sono dei microscatti nei passaggi di area.

Ecco così alla luce non sembra poi neanche così male. Trovate tutte le pietre racconta storie per bonus permanenti!

Alcuni bug nella risoluzione delle quest o nella gestione dell’inventario sono rimasti dalla versione del gioco originale.

Non capisco perché concentrarsi nel migliorare l’aspetto puramente tecnico di illuminazione quando il gioco avrebbe avuto bisogno di un pass molto pesante per far risaltare la sua grande cura artistica. Spesso i colori sono molto spenti, così come la capacità degli elementi di risaltare. Non mi entusiasmò al tempo ed oggi ancora meno.

Tirando le somme, Kingdom of Amalur Re-Reckoning è un discreto GDR. Il suo focus sul combattimento e sul mondo di gioco vi porterà ad ingaggiarvi con esso in modo attivo e divertente. La sua mancanza di momenti catalizzanti per il giocatore non ve lo farà ricordare una volta finito e l’endgame non è particolarmente entusiasmante e poteva essere realizzato tecnicamente meglio.

Se avete giocato l’originale, saltate a piè pari questa remaster svogliata. Se non l’avete mai preso in considerazione, un pensierino fatelo, che le 40-60 ore che richiede per completare tutto non sono di sicuro mal spese. Nella speranza che il DLC pianificato per il 2021 sia abbastanza per riprendere i fili narrativi e riportare questa IP alla ribalta.

Giocato per una dozzina di ore, forte dell’esperienza precedente, grazie ad un codice fornito dal publisher,
Pro: Combattimento veloce, esplosivo. Mondo ben realizzato. Molti contenuti.
Contro: Tendenzialmente facile. Poco memorabile. Tecnicamente altalenante.
7

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